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L'ingresso e il cancello della Biblioteca di Cortile Scalilla |
Il
4 gennaio pomeriggio me ne sono stato a spasso in giro per Palermo.
Girare per la città a piedi mi è sempre piaciuto e, in più, sono
curioso di vedere che succede di nuovo. Mi hanno raccontato che la
biblioteca dei bambini di Cortile Scalilla, al Capo, aperta dal 2009,
ma finora pochissimo utilizzata, organizza delle attività in vista
della Befana. Laboratori in cui si costruiscono le calze, letture, e
non so bene che altro, ho informazioni vaghe. Niente di eccezionale,
se non fosse che a Palermo la presenza di una biblioteca è
un'eccezione, figuriamoci al Capo, quartiere popolare del centro e
sede di uno storico mercato, e dedicata
ai bambini.
Mi
hanno detto pure che alle Fonderie Reali di piazza Fonderia alla
Cala, ci sono altre attività sempre dedicate ai bimbi. Sono
contento, perché mi sembrano segni incoraggianti del lavoro della
nuova Giunta comunale. Piccole cose, limitate nel tempo, ma che
permettono di vivere diversamente gli spazi della città e il periodo
natalizio normalmente dedicato esclusivamente a consumare, mangiare,
bere.
Al
Capo la biblioteca dei bambini è in un vicoletto, nemmeno
facilissima da trovare. Ci arrivo dalla Guilla, quindi prendo vicolo
delle Orfane e, girando a destra a un certo punto, mi ritrovo sotto
una specie di porticato. Con me ci sono mia moglie, due nostre amiche
e i loro quattro figli che hanno tra i 6 e i 10 anni. Un cane
sdraiato davanti la porta di un basso abbaia segnando il suo
territorio. Diciamo ai bambini di non preoccuparsi e di procedere
avanti senza guardarlo. Nel frattempo una donna ha appena chiamato
una sua amica che accorre, “sbrigati che hanno chiamato la
polizia”. All'inizio non capisco, poi vedo un capannello con una
responsabile della biblioteca (sarà la direttrice?) che discute con
alcune mamme, dice loro che i bambini possono entrare in biblioteca
solo se accompagnati dai genitori. “Ma io che devo fare con mio
figlio – dice la donna che è arrivata di corsa – non posso
lasciarlo chiuso a casa tutto il giorno”. È sottinteso che non può
accompagnarlo. Probabilmente sta lavorando al mercato del Capo, una
strada più in là, e non può lasciare il suo
lavoro. Probabilmente non lo accompagnerebbe comunque. Le
biblioteche possono essere soglie difficili da attraversare per chi a
scuola non c'è mai andato o l'ha vissuta come una punizione.
Dalla
biblioteca, scopro dopo un po', hanno effettivamente minacciato di
chiamare la polizia. Bell'accoglienza, mi dico. Ogni volta che giro
per Palermo c'è qualche elemento ostile, che mi mette tensione.
Stavolta tutto si calma in fretta, tra donne in qualche modo si sono
capite. Niente polizia, ma resto vigile, voglio capire come funziona
una biblioteca per bambini al Capo che minaccia di chiamare la
polizia per tenere lontani i bambini (non accompagnati, d'accordo).
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L'ingresso della biblioteca |
Entro
nel giardino della biblioteca che nel degrado del vicolo pare
un'oasi. Per fortuna sono in compagnia di adulti e bambini e quindi
tutti riusciamo ad accedere. Non pare uno spazio pensato proprio per
i bambini, almeno il primo piano dove sono i libri sembra una piccola
biblioteca per adulti adattata, tavoli di lettura e sedie sono alte,
così come gli scaffali che partono bassi e arrivano ad altezza di
adulto. Al piano di sotto invece si sta svolgendo un laboratorio, i
bambini sono seduti a terra e si possono muovere più liberamente.
C'è
un custode all'interno e due custodi a guardia del cancello. C'è
sempre un eccesso di guardiani nella città di Palermo, è una
costante. Negli uffici del Teatro Massimo, la prima volta che andai,
nel 2001 ho collaborato a un lavoro di ricerca sulle aspettative del
pubblico, mi fece impressione vedere che a ogni piano e a ogni
corridoio c'era un usciere. Si ha la stessa impressione di eccesso
visitando i palazzi o gli uffici che
ospitano la Regione o la Provincia.
Il
compito di quelli al cancello della biblioteca
è fare entrare i bambini accompagnati e tenere fuori quelli non
accompagnati che poi sono quelli che scorazzano per il quartiere. Il
risultato è che la biblioteca del quartiere è poco utilizzata dai
bambini del quartiere.
Sbucano
dal cancello due bimbi che avranno 3 o 4 anni, chiedono di Kevin. Non
so chi sia, ma dico che non c'è, non lì in giardino almeno
visto che sono da solo.
Di
nuovo uno dei bambini si presenta. Non si sa se vuole entrare o no.
Secondo il guardiano non può stare seduto
sui gradini d'ingresso, le persone devono poter entrare e uscire. “Se
vuoi entrare nel giardino entra”, dice il custode, ma c'è stallo,
il bambino non sa decidersi.
Si
accende una polemica, la mia amica G. dice che un bambino sui gradini
non dà fastidio a nessuno. Allora il guardiano/usciere/custode va a
chiedere alla Direttrice della biblioteca (la
stessa che voleva chiamare la polizia?) che conferma che no, non si
può, però se vuole entrare in biblioteca non c'è problema. Allora
la mia amica F. che aveva partecipato alla polemica lo prende per
mano e lo porta dentro. Il bambino si butta sui tappeti con gli
altri, finalmente sereno per aver trovato la sorella che era già
dentro a giocare. Cercava Kevin, trova la sorella, mi chiedo se è la
sorella a chiamarsi Kevin: a Palermo i nomi ormai seguono percorsi
misteriosi. Una volta ho conosciuto una Hillara, femminile di
Hillary. Il fatto che Hillary sia il nome della signora Clinton,
fonte di ispirazione dei genitori di Hillara, non è stato
sufficiente a convincere la madre che fosse un nome da donna.
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Le Fonderie Reali |
Le
Fonderie Reali, il secondo spazio che ho
visitato nella mia passeggiata per il centro di Palermo, sono
alla Cala, il porto vecchio. Un'altra zona della città che non
riesce a emergere del tutto dal degrado ma dove la vita notturna è
abbastanza vivace da favorire l'emergere di attività, lavoro e un
minimo di benessere. Qui l'atmosfera è molto più rilassata,
l'ambiente è ampio, a terra ci sono grandi cuscini, riviste e libri
a disposizione. Non ci sono guardiani, uscieri, buttafuori. Non ci
sono nemmeno bambini invadenti per la verità. Dentro ci sono le
famiglie, mariti e mogli, che accompagnano i loro figli. Dall'aspetto
sembrano figli di impiegati o insegnanti, nessuna traccia dei figli
dei sottoproletari che vivono al Capo, riconoscibili dalle facce
sporche e dalle tute da ginnastica scolorite dai troppi lavaggi. Pure
alle Fonderie Reali ci sono laboratori dedicati ai bambini.
A
osservare queste due esperienze, in maniera superficiale, in fondo
sono solo un turista curioso (anche se a
Palermo ho vissuto per tanti anni), l'impressione che ho è
ambivalente: da una parte mi dico che c'è una Giunta che finalmente
presta attenzione all'infanzia, alla vivibilità, che riapre i
luoghi, li mette a disposizione. Tiro un sospiro di sollievo e
sorrido; dall'altra però mi pare tutto improvvisato, fatto in fretta
e provvisorio. Da una parte le Fonderie Reali, belle, pulite, con i
grandi cuscini per terra a creare ambienti accoglienti per i bambini,
aperte a tutti, ma solo fino alla Befana; dall'altra la biblioteca di
Cortile Scalilla, con un bel giardino chiuso sull'esterno da un
cancello, con il personale addetto a tenere lontani i bambini, che
dovrebbe essere aperta tutti i giorni per i bambini del Capo e non
solo.
È
strano, per un osservatore esterno come me che, mentre si pensa di
far finalmente funzionare una biblioteca al Capo,
un quartiere che di biblioteche non ne ha mai viste, non si
sia ancora pensato che bisogna anche definire un progetto adatto a
quel luogo e a quella popolazione, che bisogna preparare il personale
a lavorarci, trovando metodi e approcci adatti, se non si vuole che
quel luogo venga vissuto come estraneo e nemico.
Mi
viene in mente Diario
di un maestro, di
Vittorio de Seta. È una sorta di docufiction (girata tra il '71 e il
'72, un capolavoro). Lì il maestro, interpretato da Bruno Cirino, a
cui è stata assegnata una classe di ragazzi di borgata
a Roma, baraccati, poveri, talvolta lavoratori già a 10 anni,
spesso ripetenti, deve fare i conti con l'atteggiamento dei colleghi
che tendono soprattutto a difendersi da un mondo che non capiscono.
La scuola, intesa come istituzione, è pensata per essere uguale per
tutti; ma non tutti sono uguali e allora va a finire che con i
ragazzi di borgata l'approccio e i metodi che funzionano in un
quartiere borghese, finiscono per produrre come risultato
l'esclusione. Il maestro riesce a trovare una sua strada, a dispetto
di tutte le difficoltà e il film riesce a far comprendere con
immediatezza come la scuola per rispettare la propria missione abbia
soprattutto bisogno di un pensiero e una progettualità capaci di
creare un legame preciso tra compiti dell'istituzione, contesto
sociale e persone che ci lavorano.
Il
buttafuori della biblioteca di Cortile Scalilla è l'antitesi precisa
di quello che potrebbe e dovrebbe essere una biblioteca dei bambini
al Capo. Ma perché l'istituzione evolva occorre un progetto, tempo,
la possibilità di selezionare il miglior personale e di formarlo in
maniera adeguata. Occorre sperimentare e poter sbagliare. Tutte cose
che forse a Palermo stanno per accadere, almeno è quello che spero.
In caso contrario si rischia che l'azione generosa e l'impegno della
Giunta e dello stesso personale, compresi i
guardiani/uscieri/custodi, impegnato nelle diverse attività, vada
sprecato in una guerra a bassa intensità che esclude quelli che la
città di Palermo ha sempre escluso.
P.
S. La mia amica G. mi racconta che certe volte, in certe scuole
difficili, gli insegnanti finiscono per minacciare gli allievi
indisciplinati dicendo loro che chiameranno le assistenti sociali. In
questo modo le assistenti sociali diventano sinonimo di polizia e
controllo, destinate a essere vissute come una minaccia e non come
aiuto. “Bel lavoro di rete!” commenta la mia amica. Come darle
torto?
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