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Una parte della ex Olivetti a Ivrea, un'altra idea del lavoro |
La storia che riporto mi è stata raccontata da una collega, una formatrice come me, che è diventata mamma. Come capita spesso in questo paese, ora deve ricominciare da capo nella ricerca di un lavoro. E può capitare di trovarsi a fare dei colloqui che viene pure difficile commentare. Quello che ho trascritto quasi parola per parola è con una società di consulenza che presta la sua opera agli apprendisti. O forse no, non agli apprendisti, meglio dire ai datori di lavoro degli apprendisti. Oppure no, nemmeno a loro forse. In fondo un apprendista formato potrebbe far comodo anche al datore di lavoro, anche se alcuni datori di lavoro pensano di no. Insomma, non so, non sono riuscito a trovarci un senso in tutta la vicenda che vi racconto, però la racconto, mi pare curiosa, rappresenta un pezzo d'Italia e un certo modo di intendere il lavoro che non mi piace per niente.
Giusto per completezza di informazione, l'apprendistato è un contratto in cui l'azienda si impegna a fornire all'apprendista una formazione professionale all'interno del rapporto di lavoro. In cambio l'azienda gode di sgravi e incentivi sul salario, sul trattamento contributivo e altri obblighi da cui è esentata.
Ecco la storia della mia collega.
*
Ho risposto a un annuncio dove
cercavano formatori che avessero anche competenze commerciali non
meglio definite. Ho avuto un figlio, l'ho allattato, e nel frattempo
la società con cui collaboravo non c'è più. Da qualche mese mi
sono rimessa a cercare in giro.
Dopo un po' vengo contattata. Faccio un
colloquio con una ragazza laureata in psicologia di 25-26 anni che mi
fa raccontare della mia esperienza e ascolta interessata. Noto subito
che aveva scarse competenze sulla formazione, per esempio quando si
stupisce che una multinazionale con cui ho collaborato e che ha sede
nella nostra città abbia un responsabile della formazione. La
conferma della sua scarsa dimestichezza con il mestiere me la dà
subito dopo quando descrivo cosa faccio quando faccio coaching, e lei
chiede: “perché le aziende pagano per fare queste cose?”
Mi prospetta una sostituzione di
maternità di una persona che si occupa di formazione per
l'apprendistato. Si sposta in tutta la provincia e affianca gli
apprendisti che fanno formazione obbligatoria. Me lo dice così,
senza alcuna specificazione ulteriore. Per concludere mi dice:
“pensa, se consideri che puoi arrivare a incontrare dieci persone
in un giorno, a 50 € a testa, puoi arrivare anche a 500 €.
Sento che qualcosa non quadra, come
farei a incontrare 10 persone in un giorno? Vengono in aula? Sono
aziende con diversi apprendisti? Ma non avevamo parlato di
affiancamento?
Il secondo colloquio lo faccio con la
responsabile del servizio. Capisco finalmente che si tratta di una
società di consulenza che fa selezione e si è aperta sulla
formazione obbligatoria per l'apprendistato. Per lei questo tipo di
intervento ha anche un valore strumentale perché le consente di
promuovere le sue attività di selezione. La formazione agli
apprendisti però ha dato alla società di consulenza un boom
inaspettato. Probabilmente, il fatto di fare affiancamenti
individuali sul posto di lavoro, come mi spiega finalmente, fa gola
ai datori di lavoro che così non devono far spostare il personale
dalla sede e dunque dall'operatività.
In conclusione di colloquio mi dice di
essere convinta della mia preparazione come formatrice, ma di avere
delle perplessità sulla parte commerciale. Dice pure però che la
sua collega, la giovane psicologa, le ha riferito che sono
disponibile a prendere in considerazione anche questo aspetto del
ruolo, e dunque procede a fornirmi qualche elemento di conoscenza in
più.
Mi dice appunto che non si tratta di
fare aula, ma di affiancare sul posto di lavoro apprendisti su
competenze di tipo relazionale per un totale di due giornate. Il
lavoro si svolge in questo modo: vai all'autogrill tal dei tali,
osservi per un po' il lavoro dell'apprendista, dopodiché lo distogli
dal banco dove sta servendo i clienti e lo porti con te nel
retrobottega.
Sarebbe una sorta di accompagnamento al
ruolo fatto su posto di lavoro. In totale si tratta di 4 incontri di
un'ora in 12 mesi.
I contenuti da trasmettere sono poche
indicazioni di buonsenso. Per chiudere la conversazione mi spiega
come la difficoltà di questo ruolo è soprattutto che spesso le
persone parlano dei loro problemi con il capo, e che è nostro
compito, quindi, dare un colpo al cerchio e uno alla botte, “perché
noi, sa, ci paga l'azienda”.
Ho continuato ad ascoltarla, forse più
per curiosità, a quel punto, che per reale interesse. E mi racconta
qual è la sua strategia commerciale. Lei utilizza come contatto con
il datore di lavoro delle figure tipo commercialisti e consulenti
del lavoro. Questi hanno un bacino di utenza rappresentato dalle
aziende. Sono loro a fare la promozione nei confronti dei loro
clienti. Non so dirti in cambio di cosa.
Il lavoro commerciale che avrei dovuto
fare io è di contattare queste figure, che lei chiama amplificatori,
e raccogliere le dichiarazioni di interesse delle aziende che hanno
apprendisti al loro interno. È inutile andare dalle singole aziende,
troppo faticoso. Con l'azienda, per chiudere, è sufficiente una
telefonata.
Mi dice che verrò pagata solo dopo
aver concluso il progetto formativo individualizzato, ma mi spiega
che la persona che vado a sostituire ha più di 100 aziende con cui è
già in contatto, ma che in provincia il bacino è molto più ampio,
quindi si aspetta che aumenti il portafoglio, anche perché la
persona che dovrei sostituire, mi spiega, “è particolare e non
vorrei mai trovare a gestire situazioni del tipo questo è mio
cliente e questo è tuo, quindi potete lavorare senza pestarvi i
piedi. Anche perché io vivo a 300 km da qui e non vorrei essere
costretta a intervenire su queste questioni”.
Mi parla di autonomia, io dentro di me
penso che me la dovrei sbrigare da sola.
Sul costo dell'intervento avrei il 10%
come compenso commerciale, quindi 60 € sui 600. In più, per ogni
ora di affiancamento realizzata prenderei 50 € oltre a un rimborso
spese per i trasporti. Il rischio, ovviamente, è tutto mio.
Dopo quell'incontro non l'ho più
sentita.
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