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domenica 17 giugno 2012

Il lavoro in un campo Rom


Si carica l'auto prima del Balon, è quadi mezzanotte. La foto è di Federico Botta
Vado al campo Rom di Lungo Stura Lazio a prendere Gigel, questa è notte di Balon e insieme al fotografo con cui lavoro è una buona occasione per il nostro reportage sul lavoro dei Rom. Il reportage è ora nel libro realizzato dall'osservatorio Il Futuro del Mondo Passa da Qui e pubblicato dall'editore Scritturapura

Al campo quasi tutti, maschi e femmine, vanno a cercare oggetti ancora in buono stato nei cassonetti dei rifiuti, gli danno una ripulita e poi li rivendono al mercato del Balon. Il mercato comincia a mezzanotte del venerdì sera e si chiude il sabato pomeriggio.
Arrivo con il Doblò, così ne approfitto per dargli una mano a caricare. Nel viaggio di ritorno mi racconta nel suo italiano approssimativo che a scoprire il Balon è stata sua moglie Anika, che lavorava nei pressi come limos mi dice, e io che sono ingenuo non capisco e più tardi mi faccio spiegare e mi dicono che è l'elemosina. È che io non avrei mai associato la parola lavoro all'elemosina.
Comunque è stata Anika a scoprire questo posto, 3 anni fa. Gigel è venuto una volta, per fare la prova, ha comprato il permesso il mercoledì, il venerdì notte è andato a occupare la sua piazzola dopodiché ha coinvolto anche la cognata e da lì tutti gli altri. Ora il Balon è la principale fonte di reddito per tutti i 500 abitanti del campo.
Dice che ora per loro va meglio, perché anche la polizia li lascia in pace, pagare la piazzola significa essere registrati, avere i documenti in regola, e questo li rende più controllabili, ma anche più protetti dall'arbitrio. Gigel racconta con orgoglio che loro ora sono rispettati, perché sono tranquilli, pagano sempre, e stanno bene. Anche Dario, il responsabile dell'associazione Balôn che cura l'assegnazione dei posti e la sistemazione delle persone mi ha detto che i Rom sono quelli più tranquilli, hanno un posto dove vendere e sono felici.
Qui mi conoscono tutti”, dice Gigel, si sporge dal finestrino e saluta gli addetti alla sicurezza che devono spostare la transenna per farci passare, “ciao capo, hai visto, mi sono fatto il furgone nuovo”.

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