Intervista a Roberto
Bortolotti, 13 aprile 2012
Direttore
di AMNU, Azienda Municipalizzata Azienda Urbana di Pergine Valsugana,
Trento
Il Cretto di Burri a Gibellina |
Che
lavoro fai? Me lo descrivi?
Sono
il direttore in un'azienda che raccoglie rifiuti e fa servizi
funebri, il mio compito è di mettere in condizione gli altri di
lavorare nell'azienda; agisco con la relazione con l'obiettivo di
coalizzare le persone intorno a un'idea e un progetto.
Qual
è la cosa più importante nel tuo lavoro, che non devi assolutamente
trascurare?
I
rapporti umani, all'interno e all'esterno. Nel lavoro e nei progetti
le persone sono protagoniste, quindi fare squadra è parte
costitutiva del mio lavoro.
Questo secondo me significa innanzitutto non offendere l'altro, metterlo in condizione di poter esistere, dare il proprio contributo. Le aziende che funzionano, sono quelle che riescono a racchiudere anche gli opposti, non sempre si può andare d'accordo con tutti, l'importante è che tutti possano dare il proprio contributo.
Questo secondo me significa innanzitutto non offendere l'altro, metterlo in condizione di poter esistere, dare il proprio contributo. Le aziende che funzionano, sono quelle che riescono a racchiudere anche gli opposti, non sempre si può andare d'accordo con tutti, l'importante è che tutti possano dare il proprio contributo.
Come
è cambiato il tuo lavoro negli ultimi tre anni?
Negli
ultimi tre, quattro anni è fortemente cambiato, con il presidente
precedente il mio è stato un ruolo operativo esecutivo, era un
tecnico, è stata una figura paterna, anche paternalistica; io ero
molto controllato, gestito, protetto. Era un presidente che curava i
rapporti umani e il clima e si esponeva poco, cosa che mi ha
sovraesposto. Il nuovo presidente è un politico, con lui ho dovuto
imparare un nuovo linguaggio, una scala di valori che per un
ingegnere è difficile; noi ingegneri siamo abituati a un linguaggio
matematico di base, ora ho dovuto rendermi conto che per un politico
il primo valore è la fedeltà, il senso di appartenenza al gruppo.
Questo vuol dire che per arrivare ai miei obiettivi, che rispondono
al bene collettivo, bisogna cedere su questo punto, magari
semplicemente evitando di dire una cosa. Ho dovuto cominciare a
parlare questo linguaggio.
Secondo
te, cosa ha determinato in massima parte questo cambiamento?
L'età,
e forse una fase diversa del lavoro. La rivoluzione, iniziata quando
abbiamo introdotto il sistema di raccolta differenziata attuale, con
il porta a porta per il residuo, la raccolta stradale per tutti gli
altri materiali, ora si è completata, siamo in una situazione di
ordinaria amministrazione. Pensa che sono dieci anni che lavoro qui e
non mi era mai capitato di stare così tanto nello stesso posto.
Prima
ho lavorato in Sony, in uno stabilimento che ora ha chiuso, con 300
dipendenti. Facevamo audiocassette. Il mio era un lavoro
tecnico/gestionale, capoturno, responsabile di reparto, responsabile
di produzione. Per più di un anno ho fatto i turni di notte, che è
stata una grande esperienza formativa. Lì mi sono reso conto che il
Paese è basato pure su una forza lavoro che va a dormire alle 7,30
del mattino, che ha tempi completamente diversi da quelli normali.
È
cambiato qualcosa nel tuo atteggiamento verso il lavoro a seguito di
questi cambiamenti? Perché?
Ultimamente
ho avuto anche fasi di ansia, non avevo mai percepito il
rischio di perdere il lavoro e non sono bravo a lavorare di risparmi,
non ho grandi margini; ho famiglia, due bambine che crescono, è
stato formativo.
È
cambiato qualcosa nelle tue azioni a seguito di questi cambiamenti?
Perché?
Intanto
lavoro in prospettiva, percepisco la precarietà del nostro stato, mi
sono reso conto della fragilità e precarietà di tutte le cose, del
ruolo, delle relazioni, delle abitudini. Come contromisura ho provato
ad agire per quanto possibile partecipando a delle reti di relazioni,
mi sono impegnato attivamente nell'Assodirigenti industriali di
Trento, dove ho scoperto che in Trentino ci sono il 30% di iscritti
di licenziati. Cerco di curare più rapporti possibile dal punto di
vista relazionale, mi faccio vedere, in modo da potere tenere aperto
qualche canale per eventuali novità.
Cosa
non sopporti del tuo lavoro?
Adesso
mi tocca sopportare un po' tutto. In generale credo che sia perdente
l'assenza di coerenza, che invece alla lunga paga; certe volte vedo
che non riesco a fare passare questo concetto, sono occasioni perdute
e rischi potenziali. Ti faccio un esempio, ci sono associazioni che
si impegnano nella raccolta dei tappi in plastica delle bottiglie, e
questo non ha senso, perché i tappi vengono pagati 150 € a
tonnellata, ma se li vendi separatamente il loro prezzo scende a 50 €
a tonnellata. Noi raccogliamo e vendiamo insieme bottiglie e tappi,
invece in questo modo si finisce per perderci tutti. Mi sembra che
ci sia mancanza di un disegno perseguito, di un obiettivo a cui
tendere, e questo ci espone a rischi enormi, ad esempio se arriva un
giornalista che vuole evidenziare questo non senso. Noi abbiamo anche
una funzione educativa e mi sembra pericoloso lasciare passare certe
convinzioni prive di fondamento.
Qual
è la cosa più importante che ritieni di avere imparato nel tuo
mestiere?
L'esistenza
di un linguaggio a cui dei risultati non importa nulla. Credo
comunque che sia una chiave di lettura che è importante avere.
Quando
dici che hai fatto bene il tuo lavoro?
Nonostante
tutto, il fatto di essere riusciti di modificare il sistema di
raccolta degli imballaggi in plastica per andare verso un sistema
trentino condiviso [in Trentino
sono 13 i bacini di raccolta dei rifiuti. In ogni bacino vigono
sistemi di raccolta diversi che cambiano nel giro di pochi
chilometri, contribuendo così a disorientare i cittadini, ndr]. Sono
contento di essere riuscito a portarlo a termine, perché mi è
sembrato avesse senso, da senso di coerenza e uniformità
rafforza il messaggio e l'obiettivo complessivo, evitiamo di pestarci
i piedi senza accorgerci, si converge finalmente, rispetto alla
situazione scoordinata precedente. Inoltre abbiamo semplificato il
servizio per il cittadino.
Che
lavoro sognavi di fare da bambino?
Il
maestro, il primo ricordo che ho, perché avevo avuto un bravo
maestro in IV e V elementare, e forse anche perché i miei genitori
sono insegnanti. Avessi dovuto scegliere, avrei fatto anche
astronomia, ma lo zio ingegnere mi scoraggiò dicendomi che gli
astronomi bene che gli va fanno gli oroscopi, e allora mi sono
orientato a una Facoltà generalista e comoda, a Trento.
E
che nesso c'è con il lavoro che fai ora?
In
qualche maniera sì, l'elemento educativo connesso alla raccolta dei
rifiuti. Con la raccolta differenziata induciamo comportamenti. In
uno Stato civile, secondo me, è lo Stato che per legge riduce i
rifiuti immessi sul mercato. Noi invece lasciamo libero il mercato di
fare ciò che vuole, e a noi spetta di fare in modo che l'acquirente
lo condizioni.
È
una funzione educativa che non avevo percepito quando ho cominciato a
lavorare, anche se percepivo la valenza ambientale del nostro lavoro.
Poi, progressivamente, sono riuscito un po' a sganciarmi
dall'operatività quotidiana e questo mi ha permesso di avere più
tempo per confrontarmi.
Molto interessante, anche la puntata sfatabufala sui tappi di plastica, mi sorgono però 2 domande:
RispondiElimina- perché il cretto di Burri?
- cosa volevi intendere con "n Trentino ci sono il 30% di iscritti di licenziati"
Il 30% di licenziati sono gli aderenti ad Assodirigenti industriali, lo dice Roberto Bortolotti per rinforzare la sua riflessione sul senso di ansia che prova in questo periodo.
EliminaIl cretto invece è per me il simbolo del tempo che si ferma. O forse di una realtà che si ferma ed è travolta dal tempo che passa, non so dirti. Quel cemento bianco è un sarcofago sotto cui Burri ha immobilizzato il tessuto urbano di Gibellina, completamente distrutta dal terremoto del Belìce del 1968. E' anche il segno di un tentativo visionario di cambiamento, perché il sindaco Ludovico Corrao volle fare della nuova Gibellina una capitale dell'arte contemporanea. Il terremoto mise fine al mondo contadino, segnò l'inizio di una modernità che a volte è arrivata sotto forma di consumismo, a volte, come nel caso di Gibellina nuova, sotto forma di linguaggi che nessuno o quasi comprende. Andare a Gibellina nuova gela il sangue, è ricca di opere d'arte di assoluto valore, eppure il paese sembra deserto, non ci sono voci, né bambini a rincorrersi, assomiglia a un paesaggio di De Chirico. La foto ha solo vagamente a che fare con il lavoro, ma mi fa pensare al linguaggio e alla sua relazione con il cambiamento. Eppoi mi fa pensare a casa mia, dove tornerò in agosto per le vacanze.