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venerdì 22 giugno 2012

La difficile arte di fabbricare le relazioni


Intervista a Roberto Scarpa, 12 marzo 2012

Je suis un phénomène, 2008. La foto è di Luca Orsini
Roberto Scarpa è attore e drammaturgo. Dal 1984 fino alle dimissioni nel 2007 ha diretto il dipartimento di didattica del Teatro Verdi di Pisa. È stato inoltre fondatore e direttore per 26 anni di “Prima del teatro: scuola europea per l'arte dell'attore” che riunisce nel corso dell'estate maestri e allievi delle maggiori scuole teatrali europee e alcune scuole statunitensi. Attualmente scrive e interpreta i suoi spettacoli e svolge attività formativa con gruppi di manager. Un suo spettacolo, “Sogni d'oro. La storia di Adriano Olivetti e un secolo di canzoni. Favola vera dell'immaginazione al potere”, è in giro per l'Italia da un paio d'anni.
Che lavoro fai?
Cerco di costruire situazioni per incontrare persone intorno a delle storie, che poi potrebbe essere una definizione di teatro. In fondo è il lavoro che ho sempre fatto, ma prima dentro il Teatro Verdi, e lottavo perché il compito di quell'istituzione fosse fabbricare relazioni umane.

Scelte



Una donna di 35 anni racconta così un periodo in cui lavora poco da casa dopo aver perso un lavoro a tempo determinato che andava avanti da due anni.
Officine Grandi Riparazioni
Dopo mesi di vuoto, di invio di curricula senza risposte o con risposte di circostanza, non sa cosa fare e come spiegarsi questo momento. Ce l'ha con l'Italia, con la crisi, con il mondo del lavoro. Dice che a 35 anni si aspettava di avere un lavoro e qualche certezza in più. A Torino ci sto bene, non mi piace che mi costringano ad andare via.
In fondo ritiene di avere studiato abbastanza, di essersi costruita una buona professionalità. È una persona seria, affidabile, ben preparata, ma non ha un lavoro.

domenica 17 giugno 2012

Biglietti (2)

dal tram
M. coordina i controllori sui bus, tram e metropolitane. La signora è scesa dal bus ed è senza biglietto, intorno a lei diversi controllori completano i controlli e osservano i colleghi. Ci sono abituati, sanno che può capitare che qualcuno si arrabbi, che alzi le mani, o fugga, e prestano sempre attenzione a quello che accade agli altri accanto a loro. M. poco distante butta un occhio su tutti. La signora, una giovane donna dell'est, urla la sua innocenza, che lei stava andando a fare l'abbonamento, che è il primo giorno del mese e che ieri era domenica e non era riuscita. Il controllore che l'ha fermata è inflessibile, la signora è sprovvista di biglietto e va multata. Gli altri controllori, ora che tutte le altre operazioni di verifica e sanzione sono concluse, si fanno attorno a crocchio, saranno 3 o 4. La signora alza la voce e si muove in modo scomposto, a destra, sinistra, avanti, indietro, seguita dai controllori e tutti insieme sembrano leoni che braccano l'antilope.

Il lavoro in un campo Rom


Si carica l'auto prima del Balon, è quadi mezzanotte. La foto è di Federico Botta
Vado al campo Rom di Lungo Stura Lazio a prendere Gigel, questa è notte di Balon e insieme al fotografo con cui lavoro è una buona occasione per il nostro reportage sul lavoro dei Rom. Il reportage è ora nel libro realizzato dall'osservatorio Il Futuro del Mondo Passa da Qui e pubblicato dall'editore Scritturapura

Al campo quasi tutti, maschi e femmine, vanno a cercare oggetti ancora in buono stato nei cassonetti dei rifiuti, gli danno una ripulita e poi li rivendono al mercato del Balon. Il mercato comincia a mezzanotte del venerdì sera e si chiude il sabato pomeriggio.
Arrivo con il Doblò, così ne approfitto per dargli una mano a caricare. Nel viaggio di ritorno mi racconta nel suo italiano approssimativo che a scoprire il Balon è stata sua moglie Anika, che lavorava nei pressi come limos mi dice, e io che sono ingenuo non capisco e più tardi mi faccio spiegare e mi dicono che è l'elemosina. È che io non avrei mai associato la parola lavoro all'elemosina.