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giovedì 19 dicembre 2013

Sono i limiti che tracciano la strada

Interrompo il silenzio di quasi due mesi in questo blog. Sono stato un po’ impegnato nella promozione del libro Tutto è monnezza. In effetti anche in questa intervista proseguo sulla scia del libro, parlo infatti con due designer che  hanno dato vita a una piccola impresa artigiana, mnmur utilizzando degli scarti molto flessibili, le vecchie camere d’aria e i copertoni di bici, e molta creatività e intelligenza. Producono borse, cinture, portafogli e accessori.
Laura e Marco raccontano come hanno iniziato e come ha preso forma la loro bottega. Quello che mi colpisce è soprattutto la lucidità con cui presentano un modello di impresa, fatta da due persone e capace di confrontarsi con una domanda che viene da tutto il mondo.
Li ho incontrati nel piccolo negozio-laboratorio di via Belfiore 20 a Torino.
Laura e Marco al lavoro nel loro laboratorio
50 metri quadri, due stanze. Quella con la vetrina sulla strada fa da esposizione e sul grande tavolo ci lavorano, disegnano e tagliano. La stanza dietro è dedicata soprattutto al deposito del materiale grezzo e dei prodotti finiti.

Mi descrivete il lavoro che fate?

Laura:
Il nostro è un lavoro artigianale. Recuperiamo le camere d’aria vecchie nelle ciclofficine. Abbiamo iniziato nel 2008, l’idea c’era venuta dopo un viaggio a Berlino. Ora l’uso di questo tipo di materiale è abbastanza inflazionato, ma allora per noi è stata una scoperta.
È un materiale affascinante, è semplice da lavorare, facilmente reperibile, per andare a recuperarlo basta una bici e un bustone, poi basta lavarla e tagliare.

mercoledì 16 ottobre 2013

L'estetica della necessità, un'idea di design


Roberto De Gregorio è un grafico pubblicitario che da alcuni anni ha cominciato a dedicarsi alla progettazione di oggetti. All’inizio erano gadget, destinati agli eventi con cui collaborava; poi ha cominciato a interessarsi agli scarti di produzione, interesse che condividiamo. Da questo interesse è nata la collaborazione con alcuni artigiani torinesi. Insieme hanno prodotto mobili da pezzi di vecchie Fiat 500, poi sedie e poltrone da vecchi bidoni d’olio e da un paio d’anni si dedica a produrre borse utilizzando gli scarti dei tessuti delle auto e vecchie cinture di sicurezza, fondi di magazzino oramai obsoleti. La conversazione che leggete risale a domenica 21 settembre 2013. Siamo andati insieme alla vecchia fabbrica Leumann a Rivoli, oramai dismessa. In uno dei capannoni Roberto ha realizzato l’installazione di alcune fotografie realizzate da Massimiliano Camellini. Le immagini ritraggono la fabbrica subito dopo la dismissione e riprendono oggetti d’uso, cartelli, avvisi, tracce di vita quotidiana che sembra essersi dileguata all’improvviso per via di qualche catastrofe. La mostra, adesso è chiusa, ma le foto si ritrovano su un libro, Ore 18, l’orario è finito editore Hapax. Alcune di queste foto si trovano pure sul sito del Festival fotografico Europeo che durerà fino al 13 novembre2013
Una delle foto di Camellini nell'installazione alla Leumann

La vecchia fabbrica è una specie di spettro, 10 mila metri quadrati, su 3 piani. Ha funzionato come fabbrica tessile, con alterne vicende, fino al 2007. Nel 2010 è stata smantellata e ora i macchinari non ci sono più. Accanto c’è il villaggio Leumann, che ospitava operai e impiegati. La casa dei Leumann si trova nel piazzale antistante lo stabilimento produttivo. I padroni vivevano lo stesso contesto degli operai, sentivano gli stessi odori e soffrivano degli stessi rumori.