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lunedì 7 gennaio 2013

La biblioteca con il buttafuori


L'ingresso e il cancello della Biblioteca di Cortile Scalilla
Il 4 gennaio pomeriggio me ne sono stato a spasso in giro per Palermo. Girare per la città a piedi mi è sempre piaciuto e, in più, sono curioso di vedere che succede di nuovo. Mi hanno raccontato che la biblioteca dei bambini di Cortile Scalilla, al Capo, aperta dal 2009, ma finora pochissimo utilizzata, organizza delle attività in vista della Befana. Laboratori in cui si costruiscono le calze, letture, e non so bene che altro, ho informazioni vaghe. Niente di eccezionale, se non fosse che a Palermo la presenza di una biblioteca è un'eccezione, figuriamoci al Capo, quartiere popolare del centro e sede di uno storico mercato, e dedicata ai bambini.

Mi hanno detto pure che alle Fonderie Reali di piazza Fonderia alla Cala, ci sono altre attività sempre dedicate ai bimbi. Sono contento, perché mi sembrano segni incoraggianti del lavoro della nuova Giunta comunale. Piccole cose, limitate nel tempo, ma che permettono di vivere diversamente gli spazi della città e il periodo natalizio normalmente dedicato esclusivamente a consumare, mangiare, bere.
Al Capo la biblioteca dei bambini è in un vicoletto, nemmeno facilissima da trovare. Ci arrivo dalla Guilla, quindi prendo vicolo delle Orfane e, girando a destra a un certo punto, mi ritrovo sotto una specie di porticato. Con me ci sono mia moglie, due nostre amiche e i loro quattro figli che hanno tra i 6 e i 10 anni. Un cane sdraiato davanti la porta di un basso abbaia segnando il suo territorio. Diciamo ai bambini di non preoccuparsi e di procedere avanti senza guardarlo. Nel frattempo una donna ha appena chiamato una sua amica che accorre, “sbrigati che hanno chiamato la polizia”. All'inizio non capisco, poi vedo un capannello con una responsabile della biblioteca (sarà la direttrice?) che discute con alcune mamme, dice loro che i bambini possono entrare in biblioteca solo se accompagnati dai genitori. “Ma io che devo fare con mio figlio – dice la donna che è arrivata di corsa – non posso lasciarlo chiuso a casa tutto il giorno”. È sottinteso che non può accompagnarlo. Probabilmente sta lavorando al mercato del Capo, una strada più in là, e non può lasciare il suo lavoro. Probabilmente non lo accompagnerebbe comunque. Le biblioteche possono essere soglie difficili da attraversare per chi a scuola non c'è mai andato o l'ha vissuta come una punizione.
Dalla biblioteca, scopro dopo un po', hanno effettivamente minacciato di chiamare la polizia. Bell'accoglienza, mi dico. Ogni volta che giro per Palermo c'è qualche elemento ostile, che mi mette tensione. Stavolta tutto si calma in fretta, tra donne in qualche modo si sono capite. Niente polizia, ma resto vigile, voglio capire come funziona una biblioteca per bambini al Capo che minaccia di chiamare la polizia per tenere lontani i bambini (non accompagnati, d'accordo).
L'ingresso della biblioteca
Entro nel giardino della biblioteca che nel degrado del vicolo pare un'oasi. Per fortuna sono in compagnia di adulti e bambini e quindi tutti riusciamo ad accedere. Non pare uno spazio pensato proprio per i bambini, almeno il primo piano dove sono i libri sembra una piccola biblioteca per adulti adattata, tavoli di lettura e sedie sono alte, così come gli scaffali che partono bassi e arrivano ad altezza di adulto. Al piano di sotto invece si sta svolgendo un laboratorio, i bambini sono seduti a terra e si possono muovere più liberamente.
C'è un custode all'interno e due custodi a guardia del cancello. C'è sempre un eccesso di guardiani nella città di Palermo, è una costante. Negli uffici del Teatro Massimo, la prima volta che andai, nel 2001 ho collaborato a un lavoro di ricerca sulle aspettative del pubblico, mi fece impressione vedere che a ogni piano e a ogni corridoio c'era un usciere. Si ha la stessa impressione di eccesso visitando i palazzi o gli uffici che ospitano la Regione o la Provincia.
Il compito di quelli al cancello della biblioteca è fare entrare i bambini accompagnati e tenere fuori quelli non accompagnati che poi sono quelli che scorazzano per il quartiere. Il risultato è che la biblioteca del quartiere è poco utilizzata dai bambini del quartiere.
Sbucano dal cancello due bimbi che avranno 3 o 4 anni, chiedono di Kevin. Non so chi sia, ma dico che non c'è, non lì in giardino almeno visto che sono da solo.
Di nuovo uno dei bambini si presenta. Non si sa se vuole entrare o no. Secondo il guardiano non può stare seduto sui gradini d'ingresso, le persone devono poter entrare e uscire. “Se vuoi entrare nel giardino entra”, dice il custode, ma c'è stallo, il bambino non sa decidersi.
Si accende una polemica, la mia amica G. dice che un bambino sui gradini non dà fastidio a nessuno. Allora il guardiano/usciere/custode va a chiedere alla Direttrice della biblioteca (la stessa che voleva chiamare la polizia?) che conferma che no, non si può, però se vuole entrare in biblioteca non c'è problema. Allora la mia amica F. che aveva partecipato alla polemica lo prende per mano e lo porta dentro. Il bambino si butta sui tappeti con gli altri, finalmente sereno per aver trovato la sorella che era già dentro a giocare. Cercava Kevin, trova la sorella, mi chiedo se è la sorella a chiamarsi Kevin: a Palermo i nomi ormai seguono percorsi misteriosi. Una volta ho conosciuto una Hillara, femminile di Hillary. Il fatto che Hillary sia il nome della signora Clinton, fonte di ispirazione dei genitori di Hillara, non è stato sufficiente a convincere la madre che fosse un nome da donna.

Le Fonderie Reali
Le Fonderie Reali, il secondo spazio che ho visitato nella mia passeggiata per il centro di Palermo, sono alla Cala, il porto vecchio. Un'altra zona della città che non riesce a emergere del tutto dal degrado ma dove la vita notturna è abbastanza vivace da favorire l'emergere di attività, lavoro e un minimo di benessere. Qui l'atmosfera è molto più rilassata, l'ambiente è ampio, a terra ci sono grandi cuscini, riviste e libri a disposizione. Non ci sono guardiani, uscieri, buttafuori. Non ci sono nemmeno bambini invadenti per la verità. Dentro ci sono le famiglie, mariti e mogli, che accompagnano i loro figli. Dall'aspetto sembrano figli di impiegati o insegnanti, nessuna traccia dei figli dei sottoproletari che vivono al Capo, riconoscibili dalle facce sporche e dalle tute da ginnastica scolorite dai troppi lavaggi. Pure alle Fonderie Reali ci sono laboratori dedicati ai bambini.

A osservare queste due esperienze, in maniera superficiale, in fondo sono solo un turista curioso (anche se a Palermo ho vissuto per tanti anni), l'impressione che ho è ambivalente: da una parte mi dico che c'è una Giunta che finalmente presta attenzione all'infanzia, alla vivibilità, che riapre i luoghi, li mette a disposizione. Tiro un sospiro di sollievo e sorrido; dall'altra però mi pare tutto improvvisato, fatto in fretta e provvisorio. Da una parte le Fonderie Reali, belle, pulite, con i grandi cuscini per terra a creare ambienti accoglienti per i bambini, aperte a tutti, ma solo fino alla Befana; dall'altra la biblioteca di Cortile Scalilla, con un bel giardino chiuso sull'esterno da un cancello, con il personale addetto a tenere lontani i bambini, che dovrebbe essere aperta tutti i giorni per i bambini del Capo e non solo.

È strano, per un osservatore esterno come me che, mentre si pensa di far finalmente funzionare una biblioteca al Capo, un quartiere che di biblioteche non ne ha mai viste, non si sia ancora pensato che bisogna anche definire un progetto adatto a quel luogo e a quella popolazione, che bisogna preparare il personale a lavorarci, trovando metodi e approcci adatti, se non si vuole che quel luogo venga vissuto come estraneo e nemico.

Mi viene in mente Diario di un maestro, di Vittorio de Seta. È una sorta di docufiction (girata tra il '71 e il '72, un capolavoro). Lì il maestro, interpretato da Bruno Cirino, a cui è stata assegnata una classe di ragazzi di borgata a Roma, baraccati, poveri, talvolta lavoratori già a 10 anni, spesso ripetenti, deve fare i conti con l'atteggiamento dei colleghi che tendono soprattutto a difendersi da un mondo che non capiscono. La scuola, intesa come istituzione, è pensata per essere uguale per tutti; ma non tutti sono uguali e allora va a finire che con i ragazzi di borgata l'approccio e i metodi che funzionano in un quartiere borghese, finiscono per produrre come risultato l'esclusione. Il maestro riesce a trovare una sua strada, a dispetto di tutte le difficoltà e il film riesce a far comprendere con immediatezza come la scuola per rispettare la propria missione abbia soprattutto bisogno di un pensiero e una progettualità capaci di creare un legame preciso tra compiti dell'istituzione, contesto sociale e persone che ci lavorano.
Il buttafuori della biblioteca di Cortile Scalilla è l'antitesi precisa di quello che potrebbe e dovrebbe essere una biblioteca dei bambini al Capo. Ma perché l'istituzione evolva occorre un progetto, tempo, la possibilità di selezionare il miglior personale e di formarlo in maniera adeguata. Occorre sperimentare e poter sbagliare. Tutte cose che forse a Palermo stanno per accadere, almeno è quello che spero. In caso contrario si rischia che l'azione generosa e l'impegno della Giunta e dello stesso personale, compresi i guardiani/uscieri/custodi, impegnato nelle diverse attività, vada sprecato in una guerra a bassa intensità che esclude quelli che la città di Palermo ha sempre escluso.

P. S. La mia amica G. mi racconta che certe volte, in certe scuole difficili, gli insegnanti finiscono per minacciare gli allievi indisciplinati dicendo loro che chiameranno le assistenti sociali. In questo modo le assistenti sociali diventano sinonimo di polizia e controllo, destinate a essere vissute come una minaccia e non come aiuto. “Bel lavoro di rete!” commenta la mia amica. Come darle torto?

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