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giovedì 21 febbraio 2013

La chiamano formazione obbligatoria


Una parte della ex Olivetti a Ivrea, un'altra idea del lavoro
La storia che riporto mi è stata raccontata da una collega, una formatrice come me, che è diventata mamma. Come capita spesso in questo paese, ora deve ricominciare da capo nella ricerca di un lavoro. E può capitare di trovarsi a fare dei colloqui che viene pure difficile commentare. Quello che ho trascritto quasi parola per parola è con una società di consulenza che presta la sua opera agli apprendisti. O forse no, non agli apprendisti, meglio dire ai datori di lavoro degli apprendisti. Oppure no, nemmeno a loro forse. In fondo un apprendista formato potrebbe far comodo anche al datore di lavoro, anche se alcuni datori di lavoro pensano di no. Insomma, non so, non sono riuscito a trovarci un senso in tutta la vicenda che vi racconto, però la racconto, mi pare curiosa, rappresenta un pezzo d'Italia e un certo modo di intendere il lavoro che non mi piace per niente.


Giusto per completezza di informazione, l'apprendistato è un contratto in cui l'azienda si impegna a fornire all'apprendista una formazione professionale all'interno del rapporto di lavoro. In cambio l'azienda gode di sgravi e incentivi sul salario, sul trattamento contributivo e altri obblighi da cui è esentata.
 
Ecco la storia della mia collega.

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Ho risposto a un annuncio dove cercavano formatori che avessero anche competenze commerciali non meglio definite. Ho avuto un figlio, l'ho allattato, e nel frattempo la società con cui collaboravo non c'è più. Da qualche mese mi sono rimessa a cercare in giro.

Dopo un po' vengo contattata. Faccio un colloquio con una ragazza laureata in psicologia di 25-26 anni che mi fa raccontare della mia esperienza e ascolta interessata. Noto subito che aveva scarse competenze sulla formazione, per esempio quando si stupisce che una multinazionale con cui ho collaborato e che ha sede nella nostra città abbia un responsabile della formazione. La conferma della sua scarsa dimestichezza con il mestiere me la dà subito dopo quando descrivo cosa faccio quando faccio coaching, e lei chiede: “perché le aziende pagano per fare queste cose?”

Mi prospetta una sostituzione di maternità di una persona che si occupa di formazione per l'apprendistato. Si sposta in tutta la provincia e affianca gli apprendisti che fanno formazione obbligatoria. Me lo dice così, senza alcuna specificazione ulteriore. Per concludere mi dice: “pensa, se consideri che puoi arrivare a incontrare dieci persone in un giorno, a 50 € a testa, puoi arrivare anche a 500 €.


Sento che qualcosa non quadra, come farei a incontrare 10 persone in un giorno? Vengono in aula? Sono aziende con diversi apprendisti? Ma non avevamo parlato di affiancamento?

Il secondo colloquio lo faccio con la responsabile del servizio. Capisco finalmente che si tratta di una società di consulenza che fa selezione e si è aperta sulla formazione obbligatoria per l'apprendistato. Per lei questo tipo di intervento ha anche un valore strumentale perché le consente di promuovere le sue attività di selezione. La formazione agli apprendisti però ha dato alla società di consulenza un boom inaspettato. Probabilmente, il fatto di fare affiancamenti individuali sul posto di lavoro, come mi spiega finalmente, fa gola ai datori di lavoro che così non devono far spostare il personale dalla sede e dunque dall'operatività.

In conclusione di colloquio mi dice di essere convinta della mia preparazione come formatrice, ma di avere delle perplessità sulla parte commerciale. Dice pure però che la sua collega, la giovane psicologa, le ha riferito che sono disponibile a prendere in considerazione anche questo aspetto del ruolo, e dunque procede a fornirmi qualche elemento di conoscenza in più.



Mi dice appunto che non si tratta di fare aula, ma di affiancare sul posto di lavoro apprendisti su competenze di tipo relazionale per un totale di due giornate. Il lavoro si svolge in questo modo: vai all'autogrill tal dei tali, osservi per un po' il lavoro dell'apprendista, dopodiché lo distogli dal banco dove sta servendo i clienti e lo porti con te nel retrobottega.

Sarebbe una sorta di accompagnamento al ruolo fatto su posto di lavoro. In totale si tratta di 4 incontri di un'ora in 12 mesi.

I contenuti da trasmettere sono poche indicazioni di buonsenso. Per chiudere la conversazione mi spiega come la difficoltà di questo ruolo è soprattutto che spesso le persone parlano dei loro problemi con il capo, e che è nostro compito, quindi, dare un colpo al cerchio e uno alla botte, “perché noi, sa, ci paga l'azienda”.



Ho continuato ad ascoltarla, forse più per curiosità, a quel punto, che per reale interesse. E mi racconta qual è la sua strategia commerciale. Lei utilizza come contatto con il datore di lavoro delle figure tipo commercialisti e consulenti del lavoro. Questi hanno un bacino di utenza rappresentato dalle aziende. Sono loro a fare la promozione nei confronti dei loro clienti. Non so dirti in cambio di cosa.

Il lavoro commerciale che avrei dovuto fare io è di contattare queste figure, che lei chiama amplificatori, e raccogliere le dichiarazioni di interesse delle aziende che hanno apprendisti al loro interno. È inutile andare dalle singole aziende, troppo faticoso. Con l'azienda, per chiudere, è sufficiente una telefonata.


Mi dice che verrò pagata solo dopo aver concluso il progetto formativo individualizzato, ma mi spiega che la persona che vado a sostituire ha più di 100 aziende con cui è già in contatto, ma che in provincia il bacino è molto più ampio, quindi si aspetta che aumenti il portafoglio, anche perché la persona che dovrei sostituire, mi spiega, “è particolare e non vorrei mai trovare a gestire situazioni del tipo questo è mio cliente e questo è tuo, quindi potete lavorare senza pestarvi i piedi. Anche perché io vivo a 300 km da qui e non vorrei essere costretta a intervenire su queste questioni”.

Mi parla di autonomia, io dentro di me penso che me la dovrei sbrigare da sola.

Sul costo dell'intervento avrei il 10% come compenso commerciale, quindi 60 € sui 600. In più, per ogni ora di affiancamento realizzata prenderei 50 € oltre a un rimborso spese per i trasporti. Il rischio, ovviamente, è tutto mio.

Dopo quell'incontro non l'ho più sentita.

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